Alan Zeni
Alan Zeni, è un “creativo” lodigiano, uno che ottenuta la laurea in telecomunicazioni al Politecnico ha macinato idee nuove andando a cercarsele all’estero a contatto con diverse culture. Tornato in Italia si è dedicato alle arti visive, esprimendosi in “corti cinematografici” e vincendo il primo premio all‘Isola Tiberina del cinema di Roma; in pittura e nella creazione di allestimenti. “Questo– dice – ha fatto si che acquisissi una visione più creativa e ampia della comunicazione”. Da qui è germinata anche l’idea del mensile “Progetto Magazine”.
La produzione visiva di Zeni fa parte di quella vasta area di indirizzi massicciamente affermatesi in modo ubiquo, fuori da ogni definizione teorica – anche di “post-post-moderno” – , nella cui esplosione di germogli creativi oggi si ritrova un po’ tutto: il ritorno alla decorazione, la ricerca di forme più libere e ingenue, la spinta revivalistica, le forme che scardinano tutte le regole, la ripresa di figuratività polemica, la riscoperta della vena popolare e umoristica, persino grottesca, il ribaltamento fulmineo dei linguaggi, l’affermazione di figuratività ricca di segnaletiche intermedie (grafica, fumetto, street art).
“L’obiettivo personale e costante nella mia vita – riconosce Alan su un social network – è di acquisire, approfondire e migliorare le capacità e conoscenze che già hanno impiegato parte del mio percorso di vita lavorativo e di acquisirne di nuove”.
Aderente a “Ohibò”, associazione di promozione sociale, Zeni si autodefinisce un “creativo con aspirazioni da Palombaro”. E già questo lascia intendere un po’ lo spirito che lo anima. Negli ultimi tempi si è fatto comunque notare allo Spazio Tadini, al Premio Celeste, all’Area 35 Art Factory, raccogliendo consensi e interesse. E’ invece totalmente assente dalla platea lodigiana, e se ne possono intuire le ragioni.
A proposito della sua attività non esita a dire: “Credo che il mio lavoro nasca dalla necessità di trovare il divertente nella vita di tutti i giorni, nel gesto quotidiano che nasconde un po’ la vergogna ed il sorriso della normalità. E’ un lavoro che esprime la mia voglia di tornare a vedere come da bambino un mondo tutto mio un po’ grottesco ricco di sfumature caratteriali e fisiche decisamente alan_zenicaricaturali. Lo stesso vale anche per le paure, anche se in minori opere. Lo spettatore dovrebbe cogliere più un profumo e un ricordo nel guardare i mie lavori piuttosto che un significato chiaro e pronto, qualcosa come il ricordo di un segreto d’infanzia.”
Una posizione che si rinviene nel “Progetto fotografico Soul”, una sorta di album di foto in cui Zeni provocatoriamente punta a recuperare “il senso della fotografia” e attraverso una serie di instogrammi ci mostra “quel che siamo”. L’assunto da cui parte è “Il corpo parla, gli occhi ingannano”.
Nelle tempere, negli smalti e pastelli il significato è differenziale. Le opere e i loro titoli presentano una stratificazione di sensi, una polisemia connessa con la comprensione e il riconoscimento.
Un modo di vedere stravagante, curioso, ironico, assolutamente utile a cogliere l’essenza dell’atto creativo, in cui tende a unire disordine e ordine, paradosso e metodo, l’individuale e il sociale.